Jack Sputnick

Vera Angelini

Jack Sputnick è un invidioso. Ma non è una di quelle persone che semplicemente invidiano la vita degli altri, le loro cose o le loro caratteristiche fisiche.

Sputnick è proprio la quintessenza dell’invidia, un essere che emana energia negativa, uno che solo a passarci vicino ti vengono i brividi.

Lo vedi camminare, leggermente chino su se stesso, il corpo secco e cadente, strascicando leggermente i piedi con un’andatura lenta e un po’ dondolante. I capelli grigi, radi e unti incorniciano un volto simile ad un rapace, la pelle tirata e verdastra, un naso adunco e due occhi neri, maligni, pieni d’odio. Emana un odore stantio, di stanze vecchie e polverose.

Se ti capita di incontrarlo, il primo pensiero è proprio che non potresti mai invidiare nulla di quell’uomo, infatti, è sicuramente lui che invidia te.

Il signor Sputnick ha un’età imprecisata tra i quaranta e i sessant’anni, chi lo incontra spesso potrebbe giurare che è sempre stato così. Le occasioni in cui si può incontrarlo sono molteplici al contrario di ciò che si potrebbe pensare. Lui è presente ad ogni festa del paese, va in chiesa tutte le domeniche, partecipa alle elezioni, tutti i giorni lo trovi seduto su una panchina del parco a leggere un quotidiano.

L’unico accorgimento che ha il signor Sputnick, è quello di non stare mai alla luce.

Se può, esce sempre all’alba o dopo l’imbrunire, oppure cammina seguendo la stretta ombra dei muri e i vicoli bui del centro. E quando proprio non può fare a meno di uscire con il sole (che in quella parte dell’Inghilterra è comunque molto raro a vedersi), indossa un pesante cappello nero di feltro a tesa molto larga, e se uno ha la sfortuna di incrociare il suo viso, l’unica cosa che si distingue nell’ombra è l’odioso scintillio dei suoi occhi da ratto.

Sputnick indossa sempre abiti scuri molto improbabili, senza taglia e senza colore, che ricadono sul suo corpo come una seconda e flaccida pelle, e lui se ne va in giro nel suo involucro grigiastro, apparentemente ignaro di ciò che lo circonda.

I bambini in generale sono incuriositi da questo strano tipo, e solitamente fanno a gara per vedere chi riesce ad andargli più vicino, subito sgridati da genitori terrorizzati che il loro prezioso piccolo venga quasi ingoiato da quell’individuo incolore.

Sputnick li guarda tutti, da sotto il cappello, e manda impulsi di elettricità negativa dai suoi occhi maligni, così se per caso quel bambino o quella bambina nei giorni successivi si sbuccia un ginocchio o prende un brutto voto a scuola, i genitori li rimproverano dicendo: «Visto cosa succede se vai troppo vicino al signor Sputnick!?»

Jack Sputnick si sveglia tutte le mattine alle 6.30. Abita in una grande casa vittoriana in fondo al paese, con uno scheletrico giardino senza né fiori né fontane. L’unica decorazione è un vialetto dissestato di ciottoli bianchi che passa dritto tra ciuffi di arbusti verde marcio e che unisce l’alto e austero cancello di ferro battuto con la pesante porta di quercia e il suo pesante battente.

I ragazzi fanno delle scommesse: l’impresa consiste nello scalare il cancello di notte e arrivare a bussare al portone... ma solitamente i più si fermano ai gradini consunti e non hanno nemmeno il coraggio di avvicinarsi alla porta. Il più temerario una volta è arrivato a bussare e persino a rivolgere a Sputnick un beffardo: «Ehi vecchio, come va?», solo che la settimana dopo è stato travolto da un’auto che gli ha causato una frattura multipla alla gamba, quindi più nessuno ne fa parola o ci prova ancora.

Il signor Sputnick non mangia, perlomeno non si può dire mangiare se si vede la sbobba che si prepara ogni mattina, pranzo e cena. Pane d’avena, ammollato in latte e acqua, con un caffè lungo e nero, il tutto assolutamente insapore. Si potrebbe pensare che a Sputnick manchino i mezzi, però in paese si vocifera che invece sia piuttosto benestante, tanto da permettersi dei domestici e dei cuochi, ma pare che preferisca invidiare una tavola imbandita che trovarsela davanti.

Esce verso le otto, va a prendere il giornale e poi va al parco. La sua panchina preferita è quella vicina al muro di cinta del cimitero, forse perché da lì non passa mai nessuno, oppure perché si ha una bella visuale completa di tutto il parco.

Se per caso a qualche malcapitato turista capita di sedersi proprio lì quando arriva lui, lo fissa fermo da lontano fino a fargli venire in mente che ha di sicuro qualcosa di meglio da fare.

I cani gli stanno alla larga, ma a lui piacciono. Gli piace l’aria di sottomessa devozione che hanno verso i loro padroni, perciò loro non li invidia.

Se si passa davanti a lui mentre legge il giornale al parco si sente una specie di ronzio, perché Jack Sputnick legge a bassa voce, e nel contempo fa commenti malevoli sulle varie notizie. Non si salva nessuno, né i deputati, né i ladri, men che meno i giovani rampanti di turno che prendono un riconoscimento per la tale scoperta scientifica o per essere diventati l’impiegato dell’anno. Quelli proprio li investe di tutta la sua invidia, e se poi al tale capita di incontrarlo di persona, questo è colpito anche a distanza di giorni da un terribile freddo che attanaglia il cuore, solo per aver turbato la lettura del signor Sputnick.

Per il resto non parla quasi mai. I pochi che hanno sentito la sua voce (il giornalaio e il panettiere) la descrivono aspra e tagliente, fastidiosa come il suono delle unghie che graffiano la lavagna. Però è beneducato, anche se tutt’al più si esprime facendo un verso con la bocca simile ad un grugnito.

E scrive. Esce verso il crepuscolo per la passeggiata serale, si dirige alla solita panchina e tira fuori un taccuino nero dalla tasca. Si dice che annoti in ciascuna pagina osservazioni e invidie riguardanti ogni singolo abitante del paese, ma a nessuno potrà mai capitare di leggerlo.

 

Si sta facendo tardi, Jack Sputnick chiude il suo taccuino e ripone la penna nella tasca interna della giacca grigia. Poi si dirige verso casa, mentre le ombre degli alberi si allungano, nell’aria della sera.

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Commenti: 2
  • #1

    Ruben (sabato, 29 novembre 2014 22:48)

    Molto bello, e anzi mi ha proprio sorpreso, la cornice, lui che, se non sbaglio, descrive se stesso. Ma sarebbe stato bello veder succedere qualcosa, veder diretta tutta quell'emotività. Ma continua cosi!

  • #2

    Jacopo (domenica, 07 dicembre 2014 18:29)

    Descrizione perfetta, devo dire che anche io sarei stato curioso di vedere in azione il sig. Sputnick!!!!