L'ultima sigaretta

David Ressegotti

Dopo varie settimane all'asciutto, una pioggia gelida si abbatté sulla città. Davanti al cratere fangoso vegliavano ancora solo due persone, gli unici due amici di Jacob Claw; il pastore alle prime gocce aveva tirato corto una cerimonia già piuttosto laconica.

«Diavolo» esclamò una delle due, un uomo corpulento vestito di un trench chiaro e un cappello fradicio. Gettò nella fossa una sigaretta dal colore scuro, intrisa d'acqua: «Già è difficile fumare questa roba...» L'altra figura sorrise, si avvicinò e lo coprì con l'ombrello.  Non erano mai stati presentati.

«Provi così, ispettore» disse la donna, il viso coperto da una veletta nera come il resto del vestito. Solo la chioma, fulva come una coda di volpe, non si rassegnava al lutto.

«Hm» bofonchiò lui, cercando di non pensare a quei fianchi sinuosi per tutta una serie di ottimi motivi. Restarono in silenzio per qualche minuto, poi l'ispettore fece un tentativo finale con l'ultima sigaretta dell'ultimo pacchetto di Claw. Un odore di fumo e liquirizia si alzò a fatica tra le grosse gocce di pioggia.

«Dannato. Pensava di essere furbo.» Disse, interpretando i pensieri di entrambi. «Si è fatto ammazzare come un pulcioso gattaccio randagio. Fanfarone incosciente.»

«Già» sospirò lei. «Mancherà anche a me. Ma almeno gli avete fatto giustizia, ispettore.» aggiunse accondiscendente, come se sapesse che in giro c'è pur sempre qualcuno cui la cosa interessa davvero.

 

«Frank, Frank. Mi offendi» ghignò l'ispettore Merryman tra le guance cascanti. «Possiamo collocare per certo te e la vittima sulla scena del delitto. Ti avrei disturbato se si trattasse solo di un sospetto? So che sei un uomo impegnato.»

«E lei invece è un uomo molto annoiato, ispettore. Chiami il suo capo, le dico» ringhiò Frank il Toro. Il suo bel completo gessato era un'unica macchia di sudore.

«Questo è vero» ammise l'altro, facendo spallucce. «Anzi, tanto per passare il tempo insieme da buoni amici...» Estrasse dalla tasca un piccolo nastro magnetico, dando ordine all'agente fermo nell'angolo di portare dentro il registratore. «Ti va di ascoltarlo con me?» Frank ammutolì.

«Sai, il bel tomo che mi farai seppellire domani...» continuò Merryman, mentre l'apparecchio veniva predisposto. «Non sarò io a biasimarti, io stesso sono stato tentato dozzine di volte. Era un uomo orribile e un pessimo amico. Però c'è da ammettere una cosa su di lui...» Il registratore iniziò con uno ronzio a restituire la voce del morto al telefono. «Era dannatamente meticoloso» Frank esplose un'altra volta con ira, ma ora era il mangianastri a urlare in vece sua.

«Ascoltami bene, Claw.» sbraitava. «Se non le tieni per te ti ammazzerò come la bestia che sei, hai capito?» Seguiva risposta. «Va bene, da soli al porto domani. Dammi quelle foto e farò ciò che vuoi.» La registrazione si interruppe.

L'ispettore sorrise, trionfante. Gli interrogatori erano la sua specialità. Anche senza le foto, in un altro paio d'ore di torchio ottenne la confessione firmata che chiuse il caso Claw.

 

Il corpo era stato trovato in acqua poche ore prima tre miglia più a sud, ma dopo aver perquisito lo studio di Claw e aver ascoltato il nastro nascosto Merryman era certo che quel molo fosse il luogo giusto. Mentre era chino sul legno sbucciato dal sole, dal vento e dalle scarpe, un giovane e forte agente trottò entusiasta da lui.

«Abbiamo un testimone!» Esclamò, indicando un omino losco che squittiva verso il verbalista, all'inizio del molo. «Dice di aver notato un tizio robusto andarsene da qui la notte del delitto e che può identificarlo.»

«Bene, mandatelo in centrale» disse l'altro a quattro zampe, senza alzarsi. L'agente, vedendosi ignorato, si accigliò e fece per girarsi.

«Aspetta, ragazzo» lo fece fermare Merryman, alzandosi. «Aiutami con questo.» In due rovesciarono un bancale e raccolsero ciò che vi era rotolato sotto, una sigaretta nera di contrabbando ('El Negro Triste') fumata a metà. L'ispettore la raccolse attraverso un guanto.

«Non avresti mai tirato le cuoia senza l'ultima di queste schifezze. Scommetto che ci troveremo le tue zampacce» bofonchiò.

 

Claw, all'estremità semibuia del pontile, tossì ripetutamente, tremò per il freddo e lanciò con chirurgica precisione sotto un bancale quella che previde essere la sua ultima sigaretta. Poi sorrise all'arrivo del Toro.

«Hai deciso di lasciare in pace Amanda, allora?» tagliò corto, mentre l'altro si avvicinava a lui, lento e pesante. Arrivato a cinque passi da Claw si arrestò.

«Ci ho pensato. Le foto per lasciarla in pace. Sembra un affare» annuì.

«Bravo, ragazzone.» Claw estrasse dalla sua giacca firmata una busta rigonfia. «Sapevo che saresti stato ragionevole.» L'altro ghignò.

«Oh, sì. Sono un dritto, io. Sei tu che ti fai infinocchiare da un bel musetto...» Fece ancora due passi, come per farsi consegnare quell'involto. Jacob Claw sbuffò di rimando, poi sgranò gli occhi. Uno sparo echeggiò per il porto deserto.

«... al punto da credere che io sia disposto a rinunciare a qualcosa.» Frank sfilò la busta dalla giacca dell'investigatore, gettandolo in mare senza neppure aspettarne l'ultimo respiro. Poi la aprì nervosamente. Ne uscirono brandelli di giornali vecchi. Con un ruggito di rabbia, buttò in acqua tutto e sparì nel buio.

 

«Per questo mi hai chiamato? Vuoi... salvarmi?» Amanda rimarcò il tono ironico di quelle parole accavallando una delle sue lunghe gambe sul bracciolo della poltrona di Jacob. L'investigatore fumava seduto sulla scrivania, fingendo di non notare i lividi sul viso di lei. «Lo sfiderai a duello? O gli sparerai per strada, nella calca, come a un presidente qualunque?» Le sue movenze morbide erano mancate a quello studio disordinato e puzzolente di fumo e liquirizia, come se su uno sfondo tempestoso finalmente riapparisse in primo piano una magnifica Maddalena tizianesca dopo un lungo periodo di assenza.

«Meglio. Lo incastreremo e lo faremo marcire in galera» spiegò Jacob, spegnendo l'ennesima Negro Triste nel posacenere pieno. Schiarì la voce e si mise a trafficare con un armadietto pieno di chincaglierie del mestiere. «Ma dove diavolo...?» sbuffò.

«E come? – sospirò lei – Sai che è molto attento nei suoi traffici. E quel porco del capo del distretto si è fatto auto e amante nuove grazie a lui.»

«Non ti preoccupare, ho l'amico giusto. Un vecchio mastino. Non molto furbo, ma non molla una pista se solo gliela evidenzi bene. Basterà fare in modo di lasciargli la coscienza pulita.»

«Tu hai un amico? – chiese, sorpresa – Ma cosa può incastrare Frank?» Apparve finalmente meno scettica. «Foto, almeno, o...» Senza guardarla, Claw estrasse trionfante un piccolo registratore magnetico e affaticato lo posò sulla scrivania accanto al telefono.

«Foto? Mh.» Rispose lui, sorridendo. «Buona idea. Prima però lasciami chiamare un tizio, devo riscuotere un favore.» Mentre telefonava, Amanda si rituffò sconfortata nella poltrona.

«Un altro dei tuoi magnifici piani, eh?» Sospirò, cercando di capire da quella mezza comunicazione cosa il suo vecchio amante stesse combinando.

«Perché lo fai, Jacob? Non tornerò da te» disse tranquilla, finita la chiamata.

«Quello non importa. – strinse le spalle lui – Non importa più. L'interno di Frank, per favore.» Quando se ne fu andata, ruotò un'altra mezza dozzina di volte la ghiera e accese il registratore.

 

«Mi spiace, mister Claw.» Il medico parlava con voce burocratica; Jacob si abbottonava con cura. Sembrava stessero parlando di un altro.

«Pensa pioverà, finalmente?» chiese vago, infilando la mano nella tasca della giacca prima ancora di indossarla.  «Posso accenderne una qui, vero?» Il medico lo squadrò con riprovazione, piegando la testa come un gufo.

«No. E se posso, credo debba ringraziare quelle se ora le avanza giusto il fiato di  prendere le misure per la bara.» Claw strinse le spalle.

«Ho sempre pensato che sarebbe stato il lavoro ad ammazzarmi, e lo penso ancora.» Ridacchiò. «Dottore, ho in mente un modo ancora migliore di investire le mie ultime boccate.» Poi tossì, furiosamente.

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