Perché non accada mai più

Riccardo Tabilio

Questo libro, Perché non accada mai più: biografie di comuni cittadini (2039-2045), distribuito in tutti i paesi e in tutte le lingue d’Europa, è un tentativo di rendere giustizia alle migliaia di vittime civili dell’ultima guerra: persone comuni, sorteggiate tra le centinaia che hanno perduto la vita tra il 2039 e il 2045. Le loro piccole grandi storie, ricostruite con pazienti ricerche, sono un simbolo della tragedia e un monito: perché non accada mai più.

 

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La memoria del cittadino Jan Pauwels è stata conservata dal diario che egli, giornalista, tenne negli anni di guerra. Abbandonò il suo paese all’inizio del ’40 e si diresse verso la Turchia, paese neutrale, per chiedere asilo. Nell’estate di quell'anno, i bombardamenti aerei deviarono la sua fuga verso la città di Bruxelles, dove giunse nella data fatale del 26 giugno. Durante l’assedio che distrusse la città, Pauwels riparò all’interno del Parlamento Europeo. Qui, da una finestra, scattò la celebre fotografia dell’Atomium, simbolo della capitale, avvolto dalle fiamme, e fece in tempo a caricarla su un cloud. Rimase nel Parlamento fino alla sua devastazione ad opera dell’artiglieria separatista.

 

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Allo scoppio della guerra, il blog We, Europe! della cittadina Daiva Kavaliauskien aggregò il consenso degli unionisti del suo paese e ospitò firme eccellenti di politici e giornalisti. Oggetto di ripetute minacce di morte, si trasferì preventivamente a Tallin e poi ad Helsinki. Durante l’esilio seppe dell’uccisione dei familiari ordita dai separatisti come rappresaglia. Daiva Kavaliauskienė lasciò l’Europa nel ’39 e continuò per tre anni il suo lavoro di blogger, documentando gli orrori del conflitto e i crimini degli avversari. Fu uccisa da ignoti nella sua casa di Singapore, il 3 novembre ‘44.

 

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«È bello leggerlo a spizzichi, questo volume. Raccogliere di volta in volta il filo di una vita, seguirlo per un po’ e scorgere piano piano la trama, il grandioso e tragico intreccio.» – Corriere della Sera.

 

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Il cittadino Dmitrij Symonenko rifiutò di essere inquadrato nell’esercito unionista all’inizio del conflitto, dichiarandosi pacifista. Per evitare il carcere, attraversò la Crimea in incognito e tentò di raggiungere la Georgia attraverso il Mar Nero a bordo di un barcone, ma fu intercettato e finì in un centro profughi nei pressi di Batumi. Colpito da un’infezione agli occhi perse la vista. Morì suicida a Batumi nella primavera del ’40.

 

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La cittadina Stefania Vischi morì ad Atene, nell’attentato separatista che costò la vita al Presidente Europeo, nell’estate del ’39. Le vittime dell’attentato di Atene sono considerate le prime vittime del conflitto.

 

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«Una pubblicazione fondamentale in cui gli eventi più bui della nostra Storia comune sono presentati in modo asciutto, in tutta la loro drammaticità, ma come tasselli di una memoria condivisa su cui fondare il nostro futuro.» – La Repubblica

 

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Il 9 marzo ’41 l’aereo su cui il cittadino Thomas Riley lavorava come assistente di volo, fu colpito per un errore da un missile terra-aria autoguidato. L’equipaggio e tutti i passeggeri trovarono la morte sulle montagne dell’Erzegovina.

 

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La cittadina Sylvie Chereuil fu volontaria della Croce Rossa sul fronte meridionale. Seguì l’avanzata dell’esercito separatista verso nord, prestando soccorso ai feriti. Morì durante il bombardamento dell’ospedale da campo in cui prestava servizio, nei pressi di Bratislava. L’attacco, male indirizzato, avrebbe dovuto colpire una polveriera dei separatisti.

 

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Il cittadino Gabriel Pedersen sopravvisse all’assedio di Copenhagen, durante il quale con ogni probabilità fu colpito da una sindrome da shock. Riuscì a fuggire dalla città e si diresse a piedi verso la linea del fronte, a sud-ovest, attraverso lo Jutland. Non si sa come, superò le linee degli attaccanti e raggiunse l’esercito separatista con il desiderio di arruolarsi. Fu ritenuto potenziale spia, sottoposto a interrogatorio. La visita psichiatrica lo salvò dalla corte marziale. Passò gli anni successivi in ospedale ad Amsterdam e poi, receduto il fronte separatista, fu trasferito a Gent e a Parigi, dove morì, nel gennaio del ’45.

 

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La cittadina Alina Kaczmarek fu vittima di un attacco suicida da parte di fanatici in un mercatino di Budapest, il 24 dicembre ’40.

 

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«Un testo fondamentale da tenere sullo scaffale, da leggere e rileggere, perché della memoria si deve fare pratica quotidiana.» – Der Spiegel

 

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Insieme alla sua compagnia teatrale, la cittadina Viorica Lovinescu allestì a Lisbona nel ’39 uno spettacolo fortemente critico nei confronti della guerra che fu da molti interpretato come un attacco alla politica militare unionista. In occasione di una replica a Praga, fu incarcerata per propaganda separatista. Assisté dal carcere allo scoppio della guerra. Nel ’42 fu oggetto di uno scambio di prigionieri che non andò a buon fine e fu costretta a tornare in prigione. Nel ’44 fu trasferita a Vilnius, in un campo di concentramento, dove morì in seguito alle percosse inferte dalle guardie durante un «procedimento disciplinare».

 

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Il 10 settembre ’43, il cittadino João Da Costa fu prelevato dall’abitazione in cui viveva con la moglie a Varsavia per sospette attività separatiste e fu deportato in un campo di lavoro in Svezia, dove morì di polmonite e di stenti pochi mesi più tardi, nel febbraio del ’44. La moglie seppe della sua morte solo dopo l’armistizio.

 

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Il cittadino Ignacio Ferrer abbandonò il suo paese all’inizio del ’39 e combatté volontario nel Tirolo e in Baviera. Preso prigioniero fu trasferito nel campo di concentramento di Milano-Rho, dove le sue competenze in ingegneria meccanica gli garantirono condizioni di lavoro privilegiate e gli permisero di sopravvivere ben più a lungo della media dei suoi compagni di prigionia. Nell’inverno del ’41, alla vigilia dell’abbandono di Milano, il comando del campo deliberò la fucilazione dei prigionieri del lager. Ferrer e un manipolo di prigionieri italiani si ribellarono ai loro aguzzini, tentarono una fuga disperata. Furono trucidati e i loro corpi esposti alla stazione ferroviaria di Quarto Oggiaro sotto la scritta: «Sangue traditore».

 

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Al cittadino Branko Hrzić, anziano e affetto da disturbi della psiche, la guerra aveva lasciato tra le mani un fucile e una manciata di munizioni. All’arrivo dei separatisti si mise alla finestra della sua fattoria, deciso a combattere per difendere la sua terra, e fu ucciso da un drone il 17 ottobre 2042.

 

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«Incredibilmente emozionante.» – The Sun

 

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La cittadina Sascha Eisenbach morì a cinque mesi di vita insieme ai genitori, durante il bombardamento di Francoforte da parte degli unionisti, il 23 maggio ’45. Mancavano pochi giorni dalla fine del conflitto.

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