Baby

Giulio Boato

Appoggio lentamente il polpastrello alla sua palpebra. Ha la consistenza dell’uovo sodo sbucciato. Elastica, calda e umida: sarà a causa del pianto, immagino. Scorro leggermente il pollice verso l’alto, facendo scivolare la pelle sulla superficie liscia del bulbo oculare. Sotto non trovo nulla, solo bianco. Una cornea d’albume guarda fissa il soffitto. Sollevo appena il polpastrello: la palpebra ricade e l’uovo sodo si riprende il suo guscio. Mi è venuta fame. Cosa ci sarà in cucina?

 

Il frigo ronza nella stanza attigua. Lo raggiungo zigzagando tra le scarpe da ginnastica che arredano il parquet. È quasi vuoto, ma nel cassetto in basso scopro un cartone di uova mezzo pieno. Allevate a terra!, recita la confezione. Una padella è già pronta sui fornelli, ancora unta dalla precedente cottura. Profuma di grasso d’anatra. Mentre i miei tre occhi di bue sfrigolano tra i resti di un probabile confit de canard, torno a controllare lo stato del ragazzo a terra. Non si è mosso di un centimetro. Gli slego il laccio emostatico prima di spegnere il fornello sotto le uova. Tre iridi arancioni mi guardano raggianti dal fondo della padella. Piatti puliti non se ne vedono in giro, ma riesco a recuperare una forchetta dal lavello. Ci fosse un pizzico di sale, sarebbe proprio perfetto.

 

Sto per intaccare il terzo tuorlo, quando un rumore flebile riporta la mia attenzione alla stanza accanto. È un suono continuo e sommesso, come un filo d’acqua che gronda in un lavandino. Alzo lo sguardo e vedo un barboncino accucciato accanto al volto del giovane, intento a leccargli la guancia glabra. Nessuna reazione dal corpo riverso al suolo. L’animale continua instancabile il suo tentativo di rianimazione, passando la lingua rasposa sulla pelle del ragazzo, sul collo, sulla spalla e poi giù lungo il tricipite sino ad arrivare all’interno del gomito sinistro. Incontrato l’ago, il cane si focalizza sul corpo estraneo conficcato nel braccio del suo padroncino, leccando con dedizione l’ematoma viola che lo circonda. Dopo qualche secondo, l’ago si stacca dalla pelle, e la siringa vuota cade a terra senza un rumore.

 

A guardare il commovente spettacolo canino mi si è freddato l’ultimo uovo. Me lo infilo veloce in bocca e ritorno masticando davanti al corpo. Col piede cerco di allontanare il barboncino, che non vuole saperne di staccarsi dal ragazzo. Deglutisco l’ultimo boccone e mi chino sul volto immobile del giovane. Ha il respiro debole ma regolare e un filo di bava gli cola dalle labbra. Raccolgo con cura la siringa e la infilo in una busta di plastica che appoggio sul tavolino. Sistemo il corpo contorto in posizione supina e gli sollevo la maglietta. Lo volto sul fianco per liberarlo dai vestiti. Non porta cintura, e i jeans troppo larghi si sfilano facilmente. Oramai ho imparato le poche mosse giuste che permettono di spogliare velocemente un corpo morto. È una tecnica che si acquisisce con l’esperienza: la sequenza dei movimenti varia a seconda del corpo e dell’abbigliamento. Piego i vestiti e li sistemo in una piccola pila ordinata che appoggio sul divano, mutande e calzini in cima.

 

Quanti anni avrà? Visto così, nudo e addormentato, sembra davvero molto giovane. Avrà almeno dieci anni meno di me. Aspiro una boccata di fumo e lascio cadere le ceneri fuori dal davanzale. Sarebbe anche un bel ragazzo. La sua pelle è nera come l’antracite e riflette la luce morbida dell’abat-jour. Lo guardo in silenzio: questa è la parte del lavoro che preferisco. Quando ho spogliato il corpo, e mi concedo il tempo di una sigaretta per osservarlo. La sigaretta diventa una sorta di clessidra: ad ogni boccata la sabbia scivola giù, e il mio respiro ne regola il flusso. Se sono nervosa aspiro veloce, e la clessidra di fumo si svuota prima. Ma se tutto procede come deve, come questa sera, la sigaretta si consuma lenta, quasi autonomamente, lasciandomi il piacere di contemplare le forme di un corpo sconosciuto.

 

Getto il mozzicone dalla finestra e mi rimetto all’opera. Sono passate le undici, e il tempo stringe. Afferro il ragazzo per le caviglie e lo trascino verso la sala da bagno. Lo sistemo nella vasca, apro l’acqua calda e approfitto del tempo tecnico di riempimento per tornare in cucina a farmi un caffè. Trovo nella dispensa un barattolo marchiato Illy, ma temo che la polvere grumosa che contiene non corrisponda alla prestigiosa etichetta. Carico la moka mentre il barboncino beve da una ciotola sul pavimento. A forza di leccare la faccia del suo padrone, gli sarà venuta sete. Torno in bagno appena in tempo per chiudere il rubinetto: il corpo immerso si è alleggerito e la testa sta ruotando verso l’acqua. Prendo la spugna, il sapone, e inizio a lavare coscienziosamente le membra del ragazzo svenuto. I suoi muscoli sono sodi e morbidi sotto la spugna. Non ha ancora il fisico di un adulto, ma è già ben proporzionato. Quando gli passo la spugna sul ventre cedo alla tentazione e gli prendo in mano il sesso. Nonostante sia a riposo, l’organo resiste compatto alla pressione delle mie dita.

 

Il gracidio lontano della moka mi distrae dall’eccitante studio anatomico: lascio fluttuare nell’acqua il suo membro leggermente gonfio e corro a spegnere il fuoco in cucina. Verso il caffè bollente nella prima tazzina che trovo e ritorno in bagno a passi lenti, sorseggiando: il cane mi ha preceduta, lo trovo che scodinzola affacciato al bordo della vasca. Al termine del lavaggio avvolgo il ragazzo in un grande asciugamano, me lo carico in braccio e lo porto in camera da letto. Agilmente come l’ho svestito, infilo il corpo inerte nel pigiama che trovo sotto il cuscino, e lo sistemo a letto, rimboccandogli le lenzuola.

 

La sua espressione mi sembra più serena, meno contratta. L’effetto dell’eroina* si sta allentando, lasciando il posto al sonno naturale. Mi avvicino al suo volto, per controllarne il respiro: è sempre regolare, ma più profondo. La mia bocca è a pochi centimetri dalla sua, e ancora una volta cedo alla tentazione, passando la mia lingua sulle sue labbra scure. Hanno un leggero sapore di mare. Do un’ultima carezza al suo cranio rasato e torno in salotto. Sistemo il guazzabuglio di scarpe da ginnastica, mi siedo sul divano e accendo la televisione. Mezzanotte e trentasette minuti. Dovrebbero essere qui tra poco. Approfitto del tempo che mi resta per esplorare il freezer: con mia grande soddisfazione trovo un gelato confezionato, e mi concedo lo stecco ricoperto di cioccolato davanti ad un’animata televendita di tappeti.

 

Rumore di chiavi nella toppa, il signore e la signora fanno il loro ingresso in salotto.

– Tutto bene, cara?

– Benissimo, signori.

– Lui dov’è?

– In camera, dorme.

– Dorme? Incredibile, noi non riusciamo mai metterlo a letto! È un vero tormento…

– Mi avevate avvertita, ma come vi dicevo sono abituata a lavorare coi ragazzi turbolenti…**

– Ma che brava… sei un angelo! Ecco qua per te: avevamo detto settanta, vero?

– Grazie, signora.

– Te li sei meritata! Nessun’altra baby sitter aveva mai resistito con lui. Ha già dodici anni ma è ancora una vera peste. Senti, saresti libera anche giovedì sera? Alla galleria abbiamo un vernissage che andrà un po’ per le lunghe… sarebbe magnifico se potessi tornare!

– Si, credo di sì…

– Splendido! Allora a giovedì. Senti, ma me lo dici il tuo segreto? Come hai fatto a farlo addormentare?

– Ho una pozione magica! Ma no, nessun segreto, solo tanta pazienza e un pizzico di autorità! Buonanotte…

 

Scendo veloce le scale stringendo la borsetta. Mi blocco appena fuori dal palazzo. Cazzo, la siringa. È rimasta sul tavolino, non l’ho rimessa nella borsa. Merda. Guardo in alto, verso la finestra aperta ancora illuminata. Uno, due, tre secondi di silenzio prima che un grido di donna si rovesci nel cielo stellato. Figurarsi, l’ha già trovata. Forse è meglio se giovedì non torno. D’altronde, ho tanti altri appuntamenti. E poi il caffè da loro faceva schifo. Le uova al grasso d’anatra, però, non erano male. Mi è tornata fame. Ci sarà un kebab aperto da queste parti?

* Eroina, effetti a breve termine: il rush euforico iniziale, cha ha una durata di pochi minuti, è seguito da una faErse caratterizzata da calma, rilassatezza, soddisfazione e distacco da quanto succede all'esterno. Le funzioni mentali si offuscano per l’effetto dell’eroina sul Sistema Nervoso Centrale; ciò comporta anche un abbassamento della frequenza cardiaca e della respirazione, che diminuisce enormemente, a volte fino al punto di causare la morte. L’effetto si esaurisce entro 2-6 ore dall'iniezione.

** ADHD: Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività. Il bambino iperattivo manifesta continua agitazione, difficoltà a rimanere seduto e fermo al proprio posto. Spesso questo disturbo infantile è collegato all’insonnia. In Italia l’ADHD riguarda all’incirca il 4% della popolazione pediatrica.

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Commenti: 2
  • #1

    Ruben (mercoledì, 27 agosto 2014 22:57)

    Giulio! Complimenti, un racconto delizioso! Assolutamente pulp, uno stile pulito e con i giusti fronzoli, ironico e piacevolmente conchiuso. Ottima prova!

  • #2

    VERA (venerdì, 31 ottobre 2014 10:58)

    Bellissimo, sono davvero aggiacciata!