Una domenica pomeriggio

Vera Angelini

Strano possedere una casa tanto grande da poterci ospitare molte persone ma non avere uno spazio tutto per te, l’intimità di un luogo dove i pensieri possano scorrere senza la velocità e la presenza imposta dalle richieste degli altri.

Respiro lentamente l’aria ombrosa e il profumo del mandorlo che mi circonda e chiudo gli occhi, cullata dal movimento impercettibile della sedia a dondolo.

Si alza un leggero vento. Gli alberi sembrano rispondere con il fruscio sibilante delle giovani foglie e mi riportano il ricordo di dieci anni fa, quando decisi che avrei fatto mio questo posto.

Spinti dalla crisi economica degli anni ’10 abbiamo acquistato la tenuta. Una crisi che costringeva a muoversi verso luoghi sconosciuti, a lasciare un terreno noto e incerto verso uno ignoto e ancora più imprevedibile. Ci siamo aggrappati a questa casa come ad una solida ancora di pietra in un mare di insicurezze, resistita negli anni passati con la promessa di molti anni a venire. Un agriturismo intonacato di fresco, con la vernice rosa, immerso nel verde e circondato dai campi, coltivati da altre mani e messi lì per noi, a costruire il nostro futuro.

Apro gli occhi di scatto come per scacciare il fantasma di quella decisione e la luce forte del sole di luglio che penetra nelle fessure tra le foglie li fa lacrimare, ma non li richiudo.

Il mio sguardo vaga più lontano dove i bambini giocano con i piedi nudi a rincorrere le farfalle. I miei figli come perfetti mini baby-sitter, si divertono con i bambini tedeschi mentre i loro genitori sono in montagna, senza vincoli, senza limitazioni di avere lingue o culture diverse. I bambini hanno un linguaggio tutto loro, fatto di emozioni e spensieratezza, così prezioso e irraggiungibile da noi adulti che li osserviamo in silenzio e possiamo solo lambire il ricordo di quel momento.

«E tu come sarai?» Penso tra me e appoggio la mano sulla pancia che custodisce una vita non ancora nata.

Ci aspettavamo grandi trasformazioni dieci anni fa; quando eravamo piccoli il 2023 sembrava una data di fantascienza... eppure siamo ancora esattamente gli stessi. Niente super tecnologia, nessun colpo di stato, niente pestilenze... solo piccoli cambiamenti così impercettibili da essere accettati nel senso comune prima ancora di accorgersi che sono stati fatti: il telefono grande come una penna, l’automobile elettrica, i pasti pronti non più grandi di una carta da gioco.

Il mio sguardo si sposta verso l’anziana coppia di ospiti olandesi seduta sotto il fico un po’ più in là, gli abiti chiari sulla pelle rugosa e un po’ arrossata. Sembrano felici come due ragazzi che fanno un picnic al loro primo appuntamento; tutti i cambiamenti che hanno vissuto negli anni, le sofferenze, le preoccupazioni, spazzate via dalla leggera brezza che arriva dal lago.

Penso al mio lavoro, al gruppo di turisti coreani che sono partiti stamattina alla volta di Vienna. Curioso che si siano fermati qui... forse hanno ritenuto che il Lago di Garda fosse l’ultima cosa che valeva la pena di guardare in Italia, o per lo meno una che non rischiasse di crollare come il Ponte dei Sospiri o il Colosseo.

Mi stacco subito da quel pensiero per ritornare all’unicità di questo momento, il pomeriggio di una domenica d’estate senza doveri, quando ogni minuto contiene un labirinto infinito di strade e sentieri in cui la mente possa perdersi.

Un leggero colpetto al basso ventre mi riporta alla realtà, al mio ruolo di madre. Non pensavo di ripetere questa esperienza a quasi quarant’anni, eppure adesso mi sembra di non poterne più fare a meno. Cosa ti aspetta nella tua prossima vita? Quali saranno i tuoi sogni e le tue ambizioni?

Mio suocero poco distante fuma la pipa, antico gingillo d’altri tempi, e il profumo inebriante del tabacco mi porta memorie di vite che mi precedono, e che mi seguono di storie diverse dalla mia.

Chiudo gli occhi e vedo uno per uno i membri della mia famiglia: i miei figli, così diversi tra loro e pieni di possibilità nella loro vita a venire, la mia famiglia d’origine persa nel viaggio di una vita affaccendata, la suocera malata, mio marito sempre più amorevole, preoccupato e schivo.

Chissà quali scelte avremmo potuto cambiare per avere un futuro diverso, in che punto della nostra vita c’è stata quella chiamata che forse non abbiamo sentito, o quella occasione che non abbiamo colto.

I gabbiani in lontananza sembrano condividere questa mia malinconia, eppure il loro forte grido ha ancora il sapore della vittoria di aver trovato una preda.

Mio figlio cade, ride e si rialza in lontananza. Non ho molto tempo ancora, prima di tornare a me stessa.

Cerco di non lasciare che la fretta prenda il sopravvento e per rilassarmi accarezzo ancora il mio grembo, conscia che questo momento di attesa non potrà ripetersi eppure sarà sempre presente. Il cuore si riempie di speranza, un bambino ti cambia la vita, non so se saremo pronti ma è elettrizzante non sapere. Vivere ancora il mistero, creare una vita.

Mio marito è tornato e lo vedo che si avvicina con un bicchiere di limonata fresca. Vedo sul suo viso che è stanco, ma appoggia una mano calda sul nostro futuro e mi da un bacio senza dire niente. Poi si siede accanto a me, i nostri figli lo hanno visto e stanno correndo verso di noi.

In questo momento mi sembra di sentire attraverso il loro passo affrettato e gioioso tutto il mondo che mi abbraccia e mi coccola con il calore del sole che sta tramontando.

Ed il tempo e lo spazio non hanno più importanza... oggi come ieri, qui o come se fossimo in un casolare toscano negli anni Sessanta del ‘900, la stessa luce ambrata, gli stessi alberi carichi di frutti non ancora maturi, gli stessi piedi nudi sull’erba.

Scrivi commento

Commenti: 2
  • #1

    Ruben (domenica, 26 ottobre 2014 19:40)

    Vera hai scritto come cucini: con delicatezza, amore e quell'astrazione assorta di una casa tranquilla e indaffarata. Bellissimo, davvero. "Amorevole, preoccupato e schivo" mi è piaciuta particolarmente. Non saprei dire se l'hai fatto coscientemente o meno, ma mi è sembrata una deliziosa immagine-riflessione sul Tempo (con la T maiuscola). Gli Heideggeriani Uniti applaudiamo :) Brava, brava, brava!

  • #2

    VERA (venerdì, 31 ottobre 2014 10:29)

    Sì, l'ho fatta abbastanza coscientemente...altrimenti scrivevo un harmony.
    ^_^