Quando Roberta aprì gli occhi si rese immediatamente conto che non sarebbe riuscita a raggiungere in tempo la fermata dell'autobus. Eppure lo sapeva che aveva solo una possibilità. Per arrivare in tempo alla festa di laurea della sua pronipote avrebbe dovuto prendere l'autobus numero 10, non il 9, non l'11, dell'8 neanche a parlarne, per quanto non avesse niente contro il numero 8 in sé, né nulla contro l'autobus numero 8, anzi, il conducente le stava pure simpatico, con quei baffoni austroungarici... ma si rese conto che stava divagando nei suoi pensieri.
Per farla breve la sua pronipote avrebbe festeggiato la sua laurea nella casa di famiglia in collina, fuori città, e per riuscire ad arrivare in tempo alla sua festa doveva prendere l'autobus numero 10. Balzò dal letto pestando il gatto che le saltò sulla testa ma lei non ci fece caso, eppure chissà cosa avrebbero detto i vicini se l'avessero vista con quel colbacco in pieno agosto! Caso volle che non la videro e questo problema non si aggiunse agli altri ben più pressanti che l'affliggevano. Dicevo che balzò giù dal letto, leccò la tazza del caffè rimasta nel lavabo dalla cena, urlò sotto la doccia bollente per esattamente mezzo secondo e si asciugò con il vestito buono che aveva previdentemente preparato la sera prima.
Solo arrivata alla fermata dell'autobus si rese conto di tre cose:
Primo: era uscita in pigiama e coi capelli in disordine (almeno il gatto era fuggito quando aveva fatto la doccia).
Secondo: si era chiusa la porta alle spalle lasciando le chiavi sul tavolo.
Terzo: aveva scordato il regalo per la sua pronipote in soggiorno.
Mentre realizzava tutte queste cose un bambino seduto sul fondo dell'autobus numero 10 la salutava con la sua mano paffutella e impiastricciata di cioccolato.
A quel punto che poteva fare? Si fermò su una panchina e fece due calcoli. Non sarebbe riuscita ad arrivare al pranzo, ma forse prendendo un'altra coincidenza, un altro autobus... si mise a camminare cercando con lo sguardo un'idea, un punto di riferimento, una traccia.
Alle narici di Roberta giunse un richiamo invitante, un profumo dolce, gentile, accogliente, che le riportava alla mente le scampagnate della sua infanzia. Alla sua sinistra una profumeria che non aveva mai notato, un negozio piccolo e molto colorato. Quasi senza pensarci entrò e le si aprì un mondo di boccette varie come l'arcobaleno. Sul bancone un'essenza preziosa, dalla confezione dorata. Aprì il coperchio: usciva una musica metallica e saltellante, l'aroma era delicato e frizzante.
Aveva trovato il regalo perfetto per la sua pronipote.
Uscita in strada riprese il suo vagabondare.
La vigilessa doveva essere stata una bella donna, ma ora non più, coi suoi capelli biondissimi, la panzotta che premeva da sotto la divisa e quel rosso prepotente che brillava sulle labbra e sulle unghie. Roberta le chiese quale autobus portasse in collina e la tutrice dell'ordine strabuzzò gli occhi sbracciandosi e indicando dritto davanti a sé.
In fretta! Doveva fare in fretta! L'autobus 14bis stava passando dall'altro lato della strada proprio in quel momento! Roberta si lanciò in un disperato balzo da giaguaro insospettabilmente agile visti i suoi anni (gli anni di Roberta, non del giaguaro), inciampò nel marciapiede, ruzzolò, si sporcò, urtò le griglie di un'edicola facendo cadere tutti i giornali. Il 14bis si perdeva all'orizzonte.
Adesso Roberta cominciava ad averne abbastanza. Scappò in fretta dall'edicola che aveva travolto e si mise a camminare verso la collina con un umore instabile, alternava scoppi d'ira a baratri di depressione. La festa di laurea della sua pronipotina preferita era l'evento che aspettava da tanto.
Guardò l'orologio: non sarebbe arrivata neppure al taglio della torta. Forse però poteva fare in tempo per la serata... Consultò gli orari, si sedette alla fermata e si decise a non muoversi più fino all'arrivo del 36, che non portava proprio in collina, ma al paesello vicino, e a quel punto avrebbe dovuto soltanto attraversare un bosco, un fosso, lo strapiombo delle streghe e il fiume sassoso. Una passeggiata insomma.
Se non che, mentre aspettava, le si avvicinò un cagnolino. Aveva l'aria smarrita e per nulla contenta. Roberta amava molto gli animali e la bestiola le faceva pena, ma non poteva mica spostarsi per aiutarla. Doveva prendere quell'autobus.
Il piccolo guardò dall'altra parte della strada e parve rianimarsi, prese a correre e correre senza rendersi conto che un'auto lo stava per investire. A quel punto Roberta non si poté trattenere, si gettò e, com'è come non è, mezzo secondo in più e il cagnetto sarebbe diventato una macchia rossa sull'asfalto.
Neanche le leccate grate della bestiola riuscirono ad alleviare lo sconforto della donna quando si rese conto che, mentre si gettava al salvataggio, la sua carrozza per la festa del principe era passata, si era fermata, era ripartita.
La scosse dal suo stato di apatia una piccola tribù colorata che si avvicinò a lei. Erano due persone anziane, molte di mezza età e moltissimi bambini. Abbracciarono Roberta e le fecero le feste: aveva salvato il loro cucciolo! La donna non prestò molto attenzione a quelle persone rumorose, allegre e chiassose finché non fissò negli occhi l'uomo anziano.
Gianni.
Dopo tutti questi anni! Erano stati migliori amici alle elementari, poi lui era partito con i suoi e lei era rimasta. Lui le raccontò in breve di aver girato il mondo, di come avesse studiato e fosse ripartito, di come avesse conosciuto sua moglie in un paese lontano e avessero sempre vissuto così, un po' qua e un po' là. Le presentò la sua grande famiglia, con la quale si era da poco ristabilito in città. Potevano fare qualcosa per ringraziarla?
Pochi minuti dopo tutta la tribù era sullo scassatissimo furgone di Gianni diretto in collina. Ad ogni salita bisognava scendere a spingere, ma a Roberta, ora vestita con gli abiti colorati e chiassosi delle donne della famiglia di Gianni, non dispiaceva, non si divertiva così da anni e non aveva mai percorso così lentamente la strada verso la collina. Non avrebbe mai immaginato che così vicino ci fossero dei posti così belli.
Quando arrivarono alla casa ormai era già tarda sera, Irene, la sorella di Roberta stava mettendo in ordine cartacce, bicchieri, rimasugli di cibo, staccava stelle filanti dagli alberi e toglieva le luci appese come fosse natale. L'allegra famiglia di Gianni prese ad aiutarla, e cominciò un'amicizia che sarebbe durata per il resto delle loro vite.
La pronipotina di Roberta dormiva. Lei entrò in punta di piedi e le si sedette vicino sul letto, sul viso di entrambe un sorriso beato, l'una sognando il proprio domani, l'altra assaporando la giornata appena trascorsa.
Appoggiò il profumo-carillon sul comodino e diede un bacio sulla guancia alla bella ragazza che riposava abbandonata dopo la giornata di festa. In quel momento le sembrò che fosse tornata la bambina alla quale raccontava fiabe e avventure.
Si sdraiò accanto a lei e, mentre da fuori giungevano le voci di Gianni e dei suoi che cantavano una canzone in una lingua che non conosceva, tranquilla e pacifica, chiuse gli occhi.
Roberta non avrebbe potuto essere più felice, anche se aveva perso tutti gli autobus.
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Il Mala (venerdì, 17 ottobre 2014 19:18)
Devo dire che è praticamente perfetta
VERA (venerdì, 31 ottobre 2014 11:11)
Mi ha un po' smontato la conclusione...però carina davvero. Molto divertente