«’Abbastanza sconfortante’ dice? Direi piuttosto ‘catastrofico’» ruggì Amleto Morandelli, il Presidente degli Albergatori Retici: «Si rende conto che da quindici anni a questa parte la nostra provincia – la Val Retica, la Stella Alpina d’Italia! – ha perso più della metà dei suoi turisti? Gli alberghi vuoti, mi capisce? Un mucchio di soldi – puff! – buttati al vento! Migliaia di euro di camere, impianti, stipendi da pagare per una manciata di crucchi decrepiti e per quattro trafficanti di scarpe! E non mi venga a raccontare la solita menata della crisi. Vuole sapere la verità? Siamo al collasso, punto e basta, altro che crisi! Mancano le idee, manca il coraggio. E soprattutto manca la politica!»
L’esile Ivo Barozzini, Assessore al Turismo della Val Retica, sembrava un giunco nella corrente. Concentrato sul mucchietto di graffette impilate sulla sua scrivania, non pensò nemmeno di replicare. Morandelli, rosso e gonfio come un pomodoro gigante, era inarrestabile: «Gliela metto giù in modo più chiaro, Barozzini – ‘per la dritta’, come si dice da noi. Il suo partito governa la Val Retica da trent’anni. Grazie a noi. E lei da trent’anni posa il suo inutile culo su quella poltrona grazie a noi! A questo punto servono idee, Barozzini. Datevi una mossa – inventatevi qualcosa – o per voi, alle prossime elezioni, si mette male!»
Lo schianto della porta fece tremare i vetri dell’ufficio e mandò le graffette di Barozzini da tutte le parti.
«Immaginare nuove prospettive e possibilità, fare leva sugli strong point della nostra tradizione, ma con un’attenzione ai nuovi linguaggi e alle nuove tecnologie, valorizzare la nostra territorialità ma su un orizzonte internazionale. La mission? Reinventarci, riproporre le nostre risorse in chiave innovativa! Per un cambiamento che non sia solo un semplice restyling. È ora di superare il tempo della paura ed iniziare a costruire il futuro!»
Così come il lettore, Luca Pregher, direttore dell’Ufficio Turistico di Lagone, non aveva capito granché delle richieste che la Sede Centrale aveva spedito a tutti gli uffici della provincia. Quello che aveva recepito senza ombra di dubbio, però, erano le due comunicazioni seguenti: 1) Tagli radicali agli stipendi; 2) Obbligo di presentare e realizzare un progetto innovativo per il rilancio del turismo nella Val Retica pena il commissariamento dell’ufficio. Ovverossia, per dirla terra terra, un calcio nel sedere e tutti a casa.
Sulla veranda dell’ufficio di Lagone il direttore fumava una sigaretta dietro l’altra e pensava a quanto fosse praticata l’antica arte di metterlo nel culo al prossimo, liberandosi magicamente in questo modo delle peggiori grane. L’ufficio turistico di Lagone era già stato minacciato di chiusura. Troppo piccolo, troppo periferico: la storia del progetto era forse un pretesto per centralizzare le risorse e per tagliare le spese. Il progetto di Lagone sarebbe stato scartato immediatamente e poi tutti a casa senza passare dal via. L’unica speranza, forse, era proprio tirare fuori un’idea geniale, un’idea pratica, economica e redditizia. «Già, facile… – pensò il direttore Pregher – ma quale?»
«Pregher, o lei mi sta prendendo per i fondelli oppure è un maniaco furioso!»
Il sindaco di Lagone si smanazzò gli occhiali per l’ennesima volta: «Come le è saltata in mente un’idea simile?»
«Sindaco, senta. In Provincia vogliono qualcosa di nuovo che si leghi alla tradizione. E qui, in Val Lagone, una roba come questa l’hanno fatta per secoli! Mi scusi… eccolo lì, sullo scaffale! Non l’ha scritto lei quel libro, Gli antichi riti della Val Lagone? Lo dice proprio lei: quest’attività appartiene alla nostra tradizione più ancestrale! E oggi è stata dimenticata!»
«E come pensa di trovare un povero diavolo disposto a farsi… Beh, ha capito!»
«Guardi qui. Questo è un sito internet su cui si incontrano persone intenzionate a farla finita in modo spettacolare. Si mettono d’accordo, si danno appuntamento e chiudono la partita in grande stile. Basta mettersi in contatto con loro.»
«Ma è illegale, Pregher!»
«No, signor sindaco, se il volontario acquisisce la cittadinanza utlandese (cosa che può fare online per qualche centinaia di euro) ed è consenziente all’atto, la cosa, diventa perfettamente legale anche qui da noi. Mi sono informato.»
«È una cosa da psicopatici! Lei è impazzito, Pregher! È matto!» tuonò il sindaco fuori dai gangheri.
«Senta, sindaco. Quelli vogliono mandarci tutti a casa. Anche sua figlia che ha appena iniziato a lavorare da noi. E presto forse toccherà anche a lei. Lagone confluirà nel comune collettivo della valle e tanti saluti a tutta la combriccola. Ma questa qui è la maniera di fare il botto, di far parlare di noi in tutta Italia! Di avere migliaia di turisti. Sa meglio di me quanta gente partecipava a eventi come questo nel Medioevo. Le città si fermavano.»
Il sindaco si placò.
«E come pensa di presentare quest’iniziativa alla gente di Lagone? Pregher, Dio benedetto, stiamo parlando di… un rogo!»
«Lei pensa che sia difficile? – lo guardò fermo il direttore – ‘Tradizione e innovazione’. Basterà vendersi bene. Alla fin fine questi non chiedono altro che un po’ di emozioni.»
«Buona sera, gentili telespettatori! Siamo in collegamento dalla piazza di Lagone, dove si fanno gli ultimi preparativi per l’evento che ha fatto parlare tutta Italia di questo sperduto paese della Val Retica: la Notte del Fuoco! Un rito antichissimo e suggestivo, purificatore e propiziatorio, praticato dagli antichi abitanti della valle e riportato alla luce dopo centinaia di anni. I lagonesi, va riconosciuto, hanno fatto le cose in grande! Ecco alle mie spalle il palo e la catasta, accumulata dalla squadra dei fuochisti. Sono numerosissimi i turisti presenti: la piazza è presidiata da ore da chi ha voluto accaparrarsi un posto in prima fila. Balconi e finestre sono stati affittati dai residenti a peso d’oro, come poltrone di galleria! I maxischermi permetteranno a chi è lontano di godersi l’impressionante spettacolo, benedetto da un tempo benevolo, nonostante le minacce. Ma il sottofondo continuo di tuoni non fa che aumentare il carico di suggestione per il grande momento, che tra pochissimo andrà in scena… E ci siamo! Coperto di ghirlande giunge il carro di Darko Jovanis, il protagonista di questa sera. Jovanis, cittadino utlandese, che affronta il sacrificio – lo ricordiamo – come volontario…»
«Amedeo, qui Pregher? Mi ricevi? Noi qui ci siamo. Digli che possono procedere con l’accensione!»
«Ora gli…», il vigile del fuoco Amedeo Righi ammutolì, insieme a tutto il pubblico.
Con un boato terrificante il fulmine era calato all’improvviso nella piazza, affollata di antenne televisive, piantane, tribune metalliche e ferraglia di ogni genere. L’onda d’urto abbatté decine di persone, che giacevano assordate e paralizzate sui sampietrini. Il secondo fulmine colpì il parcheggio multipiano e fu seguito da una salva di fanalini frantumati e da un copioso scoppiettio di parabrezza. Il terzo finì su un baracchino delle bibite e fece saltare in aria una compagnia di guerrieri in armatura e spadone, insieme alle loro coche. Quarto, quinto e sesto presero il furgone della televisione e qualcos’altro che non si capiva, ma che iniziò a crepitare in modo inquietante. Poi pausa black-out, con un fil vento, quanto bastò per alimentare gli incendi. Il fulmine numero sette, infine, si schiantò sulla catasta del rogo, già impregnata di paraffina, che prese subito fuoco. Il volontario Darko Jovanis, legato al palo, fu subito circondato dalle fiamme e cominciò a gridare come un ossesso per essere salvato. Ma la folla era nel panico, gli incendi infuriavano, sotto la tempesta di fulmini più spettacolare e catastrofica che avesse mai colpito la valle (catalizzata – si sarebbe appurato in seguito – dalla quantità immensa di persone e macchine che avevano invaso Lagone).
Le fiamme ora si levavano da tutte le parti, negli stretti vicoli del paese i turisti in fuga rotolavano gli uni sugli altri, creando veri torrenti umani che trascinavano con sé alabardieri, mastri birrai, frati, qualche maiale evaso e un paio di mucche innocenti.
Fu l’evento fino ad allora più indesiderato a salvare il paese dalla rovina.
La pioggia si schiantò su Lagone con improvvisa violenza, sgorgò le vie intasate di turisti e spense i roghi, salvando la vita a Jovanis e a tutto il paese. Poi, improvvisa, si placò. Fu silenzio, sollievo, pace.
Da qualche parte partì un applauso.
E il grande evento di Lagone finì lì.
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