Tutto per Lucia

Jacopo Colombo

«Sei limitato, dovresti viaggiare, vedere un po’ il mondo... provare cose nuove. Sento che c’è qualcosa di inespresso in te. Io non posso stare con una persona che non sa ancora chi è»

Enzo rimase interdetto. Erano usciti molte volte con Lucia e tutto era andato bene. Per farla contenta erano andati in quel ristorante vietnamita-siciliano ed era stato male mangiando gli arancini alle cavallette. Erano andati a sentire quelle poesie rinascimentali recitate nel linguaggio dei sordomuti ed era stato male quando li avevano inondati di sangue di vero agnello biologico per protesta contro la violenza sui gatti. Erano andati a ballare il tango punk ed era stato male quando una ballerina gli aveva dato una testata nello stomaco durante un casché mal calibrato.

Quanto bisogna vomitare per dimostrare a una persona che la si ama?

Ed ora Lucia lo aveva lasciato così. Enzo non riuscì a dormire quella notte. Lui non aveva viaggiato? Ma era stato perfino a Milano! Certo, solo allo stadio, per vedere la partita. E una volta con la scuola era andato in gita a Venezia. Forse non era un paese estero ma lì nessuno parlava il suo dialetto...

E se Lucia avesse avuto ragione? Forse si stava perdendo qualcosa, forse c’era davvero qualcosa in lui che aspettava solo di uscire... con questo pensiero si diresse al computer ed entrò nel suo social network preferito. Quante cose facevano i suoi amici virtuali, quanti viaggi, quante avventure... probabilmente alcuni di loro avevano fatto anche la sauna finlandese, magari tutti ignudi!

Enzo tergiversò, poi si risolse, ci ripensò, poi decise. Per la prima volta in vita sua prese un biglietto di sola andata per un paese straniero. Partì in fretta e furia, la mamma in lacrime, il papà in lacrime, il fratello raggiante (la stanza ora era tutta sua), gli amici gli fecero una festa magnifica ma si dimenticarono di invitarlo e così si sbronzò da solo. Il giorno dopo in aereo stette male mentre pensava a Lucia. Bisogna vomitare molto quando si ama.

A Parigi stette due anni, imparò a dire bonjour e gatò, cominciò lavorando in un ristorante come cameriere e finì lavorando in un Mc Donald. Andò molto a teatro dove fece le migliori dormite della sua vita. Poi partì per l’India dove un santone sull’alto di un monte al tramonto gli rivelò che la vita è un cerchio. Un contadino di cent’anni in Cina gli disse invece che la vita è un fiume. Un aborigeno Australiano ancora gli confidò che la vita non è né un cerchiò né un fiume ma assomiglia di più a un ovale, ma forse non c’era da fidarsi perché fumava canne dalla sera alla mattina. Imparò il portoghese in Brasile ed ebbe una breve storia con una ballerina che gli ricordava Lucia. La storia finì quando scoprì che la ballerina era ricercata per aver assassinato i suoi precedenti 12 fidanzati.

Rimasero comunque buoni amici e fuggirono assieme a San Pietroburgo, dove Dolores (questo il nome della ballerina) divenne un’autrice affermata di saggi sulla letteratura russa contemporanea e lo assunse come segretario. Dolores era molto colta ed aveva un animo artistico, volle visitare con Enzo musei, chiese, monumenti. Lo licenziò quando ad una mostra espresse un apprezzamento sui mobili di una volta tirando una pacca a una cassapanca del XVIII° secolo, distruggendola. Enzo ebbe comunque la sua rivincita perché Dolores due giorni dopo venne incarcerata e rispedita in Brasile.

Passarono diversi anni ed Enzo visitò molti paesi, imparò (male) diverse lingue e fece molti lavori: cameriere, fattorino, operaio, muratore, pescatore, promotore di eventi e pr (leggi distributore di volantini). Fece molti corsi diversi, come di ricamo acrobatico, danze tradizionali dell’isola di Pasqua, pittura oscena su gusci d’uovo. E mentre il suo Curriculum Interiore si arricchiva di nuove sensazionali esperienze, la sua mente tornava sempre a Lei, a Lucia.

Quando tornò al suo paese nulla era cambiato. Le strade sempre uguali, sempre gli stessi vecchi allo stesso bar. Solo il suo conto in banca era cambiato. Se prima aveva 7000 euro, ora era in rosso di altrettanto. Si fermò al parco giochi a guardare le famigliole che giocavano.

«Enzo?»

Una voce familiare. Si girò e vide una massaia sporca e cadente. Una specie di bistecca frolla vestita con una tutona rosa. Un ammasso di carne che una volta era stato Lucia.

Enzo le raccontò la sua vita e i suoi viaggi, le cose che aveva fatto, i posti che aveva visto. Tremava di emozione. Certo era sposata ad un altro, certo non era più così bella, certo aveva tre figli, ma era sempre Lucia.

Lei per un po’ non disse niente. Poi alzò lo sguardo triste verso i suoi figli che ruzzolavano nel fango. Alla fine fissò Enzo.

«Certa gente non sa proprio apprezzare le cose belle che ha a portata di mano» disse con disprezzo.

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Commenti: 2
  • #1

    VERA (venerdì, 31 ottobre 2014 11:42)

    uahuahuahuaha...non so se mi ha fatto più ridere il ristorante vietnamita-siciliano o la ballerina brasiliana. Davvero un po' decadente la fine, in perfetto stile gnappo. Mi è piaciuto tanto.
    (anche se spero che non mi vedi come lucia) ^_^ scelta dei nomi perfetta stavolta!

  • #2

    Jacopo (giovedì, 06 novembre 2014 00:15)

    contento che ti sia piaciuto (e comunque direi proprio che tu sei anni luce da Lucia ;) )