Rospi e salamandre

Giorgia Aimeri

Nessuno ricorda il giorno in cui il primo pedone si mosse, ma una cosa è certa: segnò la fine dell’equilibrio.

Il re bianco mandò un ultimatum alla corte nera, il messaggero non fece ritorno e la guerra ebbe inizio.

Pedoni innocenti morirono nello scontro.

Gli alfieri bianchi si muovevano velocemente, incalzavano i cavalieri neri che presi alla sprovvista furono costretti a indietreggiare fin sotto i torrioni dove trovarono rifugio.

Il re nero era in una condizione di stallo, persa la regina un anno addietro ormai, incerto faceva un passo alla volta.

Ogni casella era fortezza e prigione.

Il re bianco impartiva ordini ai suoi uomini ormai quasi certo della sua vittoria, quando la scorta di guardia alla regina venne massacrata.

La regina bianca venne presa in ostaggio, sarebbe stata uccisa se il re non avesse rilasciato le torri nere.

Chiusa nella sua veste candida rimase immobile, maestosa e fiera, pronta alla sua morte.

Il re avanzava troppo lentamente per poterla salvare, voleva urlarle di fuggire, di prendere una diagonale qualsiasi, un posto sicuro ci sarebbe stato.

Avanzava ormai cieco agli uomini che cadevano alle sue spalle, doveva arrivare in tempo, doveva salvarla.

La sabbia scivolava veloce nella clessidra, i granelli si univano nel tiranno fiume del tempo, il re bianco avrebbe abbandonato le torri nere pur tenerla in vita, ma la donna accolse il luccichio della lama dell’alfiere nero come il più saggio dei destini e così cadde.

Il re bianco cominciò a correre sulla scacchiera, la mente confusa, incapace di distinguere le caselle.

Gli era stata portata via.

Avanzava implacabile contro il re nero.

Lei ancora bianca.

Trucidò chi incontrò sul suo percorso.

Lei ancora bellissima.

Sfoderò la spada.

Lei non più sua.

Uccise il re nero con tutta la rabbia che aveva in corpo, con tutta la vita che pulsa in un uomo libero da vincoli, con la potenza di un re.

Aveva vinto la guerra, messo fine alla partita, perso al gioco.

Oltrepassò l’ultimo confine, lasciò per sempre quei quadrati.

Entrò in un mondo pieno di linee talvolta chiuse, ma il più delle volte aperte, irregolari e spezzate.

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