Brillano le stelle
Giulio Boato
Brillano le stelle nelle notti senza luna. Due tartarughe camminano, fianco a fianco, sul ciglio della strada. Avanzano lentamente, un passo dopo l’altro. Hanno lo stesso ritmo, l’hanno sempre avuto, da quando esiste il mondo. Camminano, piano, e vanno avanti, sempre dritte. I fili d’erba al loro fianco si agitano al fremire del vento, qualche grossa automobile passa veloce sulla strada: lo spostamento d’aria fa barcollare le tartarughe, ma esse continuano a camminare, imperturbabili, lungo la striscia bianca. A vederle così, silenziosamente determinate nella loro avanzata, sembra che non debbano fermarsi mai. Le tartarughe hanno la stessa taglia, ma qualche leggera differenza le distingue: il drappeggio delle pieghe della pelle è lievemente più profondo nell’esemplare di destra. La compagna alla sua sinistra ha il fiato un po’ più corto, ma non cede il passo. Un frinire di grilli anonimi riempie l’aria mentre i due animali, antichi come il tempo, proseguono in silenzio il loro lungo viaggio.
I fari gialli di una monovolume passano sibilando a pochi centimetri dalla tartaruga di destra. Un tonfo sordo accompagna la caduta sull’asfalto di mezzo pomodoro. Inciviltà automobilistica, rifiuto organico ad ornamento indegno del selciato. I due animali millenari sono costretti a fermarsi all’incontro della forma sfracellata del pomodoro. Mangiamocelo, pensa la tartaruga di destra dando un morso alla buccia rossa. Conserviamolo, propone la compagna di sinistra, distendendo striscioline di polpa sul guscio della compagna. Al raggiungimento di un accordo, nel silenzio complice che le contraddistingue, le tartarughe aggirano l’ostacolo e si rimettono in marcia. Nuvole cariche di pioggia si addensano all’orizzonte, rombando sommessamente. I passi muti dei due animali imprimono al suolo una scia di orme tiepide. La volta della notte si chiude a cupola sul dorso delle tartarughe, mentre i due eterni compagni seguono, instancabili, la lunga striscia bianca continua.
A guardarli, nascosti dietro dune di rifiuti, un gruppo elettrogeno di conigli. Saltimbancano su e giù per gli pneumatici abbandonati, s’infrattano tra cartoni di uova e lattine di pelati. Osservano, da lontano, il tragitto delle due tartarughe in bilico sulla sottile striscia d’asfalto. Non si chiedono dove vanno, ma si preoccupano di sgomberare la strada da eventuali ostacoli. Le tartarughe sono al corrente della loro presenza, ma non si voltano mai a guardarli. È un equilibrio delicato, un mutuo rispetto, un reciproco interesse. Nuvole di conigli elettrici ronzano attorno alle tartarughe, in assuefatta ammirazione del loro lento ritmo inesorabile. Guizzano sopresi, un po’ perplessi, sempre affascinati. E le tartarughe avanzano, lievi come astri: rotolano assieme sul bordo della strada, come balle di fieno, rincorrendo la fine del tempo.
Fermiamoci un po’, chiede la tartaruga dal fiato corto. Sono stanca. Ma siamo quasi arrivati, risponde la compagna. Arrivati? Finché camminiamo non possiamo essere arrivati, lo sai bene. La prima tartaruga fa per fermarsi, ma l’altra la spinge leggermente col becco. Coraggio, non possiamo fermarci adesso, non vedi che i conigli ci guardano? Tutti i conigli si fermano, nascosti alla bene meglio dietro alle pattumiere che ricoprono il suolo ai bordi della strada. Qualcuno non riesce a trattenere un balzo e cambia rapidamente nascondiglio, sempre con gli occhi puntati sulle tartarughe. Queste osservano lo spazio che le circonda, al debole chiarore delle stelle. La strada lunghissima dietro di loro e la strada senza fine davanti a loro. Prima o poi dovranno fermarsi, pensano, rallentando il passo. Una delle coniglie più giovani cede all’emozione e partorisce d’un colpo dieci cuccioli, sistemandoli nella confezione vuota di un televisore al plasma.
Dai, facciamo ancora un po’ di strada. Aspettiamo che arrivino le nuvole, così potremo fermarci senza che ci vedano. Sono vicine, ormai. La tartaruga dalla pelle più crespa riesce a convincere la compagna a continuare il viaggio. La tartaruga dal fiato corto accetta di proseguire. Magari troviamo un altro pomodoro da conservare, dice alla compagna. Così poi ce lo mangiamo, risponde l’altra. Lasciamone un po’ per la conigliera che ci segue, suggerisce la prima. Al raggiungimento di un accordo, nel silenzio complice che le contraddistingue, le tartarughe si rimettono in cammino. E le nuvole avanzano, sempre più veloci, verso i due animali, sotto lo sguardo apprensivo della conigliera elettrica.
La notte non è mai stata più nera. L’ombra di un sorriso attraversa gli occhi sottili della tartaruga dal fiato corto mentre le sue zampe silenziose si fermano. Tutto il mondo, che da sempre girava regolare sotto i suoi piedi, si calma in un sospiro, rivelandosi nella sua maestosa immensità. Quei piedi che non si erano mai fermati, sin dall’alba dei tempi, per la prima volta si posano, quieti, sull’erba. Sono gli ultimi passi di una tartaruga che ha lo stesso nome di un germoglio. I suoi piedi la strappano dall’asfalto che l’ha accompagnata sin lì, e la posano sull’erba verde, tra gli steli delle margherite, là dove nessuno può vederla. Al primo raggio di luna la tartaruga dal manto a pieghe si volta, e non trova la sua compagna. La sua compagna di viaggio, che ha fatto tutta la strada con lei, sin dall’inizio. L’asfalto è vuoto. Anche i conigli guardano. Strizzano i loro occhi umidi, ma non vedono nulla. Solo rifiuti, una lunga strada nera, e una tartaruga che avanza, sola.
Ma tra quei fili d’erba, a pochi centimetri dal ciglio della strada, la tartaruga dal fiato corto cammina. Non si è fermata, cammina. Solo che è dall’altro lato, fuori dal cemento e dai rifiuti. È tra gli steli delle margherite, là dove nessuno può vederla. Lei sola può guardare il mondo, e salutare in silenzio, come ha sempre fatto, quel branco di conigli irrequieti, camminando al fianco della sua compagna millenaria, ancora in marcia sulla strada.
Immagino le temple des grands hommes. È là che sta. In alto, sopra Diderot e Voltaire, sulla cima della cupola. In punta di piedi, ci è andata. In silenzio, senza disturbare nessuno. La classe. Neanche il tempo di vederla partire, ed eccola già arrivata. Solo les grands hommes riescono a diventare invisibili brillando. E lei ci è riuscita. In un battito di ciglia è diventata una stella. E brillerà per sempre nel cielo della mia testa.
A Gemma
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Gruppo Elettrogeno a gasolio (giovedì, 02 marzo 2017 08:18)
Ho letto il tuo blog e ho notato alcuni consigli utili da questo post. E 'davvero un bel blog.