Pendono dall’albero come frutti maturi. Non è la prima volta che mi capita di vedere una scena simile, ma quei due corpi tanto vicini che sembrano abbracciarsi come in un calco di Pompei suscitano alla mia vista un’inquietudine nuova cui non ero preparato. S’intuisce che l’amore li ha appesi a quel ramo e non il caso. Lei è una donna di bassa statura, le sue gambe dondolano al vento con macabra eleganza, mentre lui è abbastanza lungo da arrivare ad altezza di mandibola delle malefiche creature. Anche da queste parti il morbo ha colpito con efficacia, i polpacci masticati dell’uomo sono la chiara testimonianza dell’attività di infetti. Procedo lentamente con la mia Fiat Multipla per studiare l’ambiente, ho bisogno di carburante e per fortuna ci sono delle auto parcheggiate davanti alle case che si affacciano sul giardino. Fa caldo, il pomeriggio è appena cominciato, scorgo una comitiva di ragazzini intenta a inventarsi un gioco qualunque con il solo ausilio della fantasia, allora decido di fermarmi. Chiederò loro di aiutarmi a far scorta di benzina. Mi hanno visto, però non sembra che il mio arrivo li abbia infastiditi. È un buon segno, di questi tempi c’è sempre una gran diffidenza nei confronti dei forestieri e spesso ho avuto più problemi con i vivi che con quegli altri. Scendo dalla macchina mi avvicino e tento un approccio.
Ciao ragazzi, posso avere qualche minuto della vostra attenzione, per favore?
Parte un coro di saluti, i più piccoli si rivolgono a me con il distacco che si deve a un adulto sconosciuto, ma gli adolescenti più strafottenti passano direttamente al tu.
Ciao, che cosa stai cercando?
Vorrei parlare con qualcuno dei vostri genitori.
Allora devi aspettare che ritornino.
Nessuno può aiutarmi, adesso?
Ci siamo solo noi. Se vuoi puoi restare … Torneranno per la cena, ma non so se saranno contenti di vederti qui …
State tranquilli, ragazzi, sono soltanto di passaggio, ma ho il serbatoio a secco. Vorrei fare rifornimento, se possibile.
Le nostre macchine sono tutte ferme! Rispondono.
Ho capito … e come si muove chi va a cercare da mangiare?
Una jeep, funziona solo quella. Mi dice frettolosamente uno dei più grandi, poi un moccioso si lascia scappare un’informazione fondamentale.
È la macchina di papà, lui conosce un posto qui vicino, dove può far benzina tutte le volte che vuole.
Tutto il gruppo si zittisce e lancia un’occhiata di rimprovero al piccolo chiacchierone. Significa che deve esserci una pompa con ancora una bella scorta di carburante facilmente accessibile. Devo scoprirne di più ma questi ragazzini non sono intenzionati a rivelare alcuna informazione, bisogna capire cosa vogliono e devo abbozzare uno scambio.
Va bene, amici, allora aspetterò qui con voi. Intanto che ne dite se per ingannare il tempo facciamo una partita a calcio?
Magari! Esclamano esaltati. E chi ce lo dà il pallone?
Non c’è nessun problema! Faccio io, spudorato. Seguitemi.
Raggiungiamo la Multipla, apro il bagagliaio deciso e mostro il magico tesoro. I ragazzi non credono ai propri occhi, i miei quarantasette palloni di cuoio si rivelano subito in tutta la loro bellezza. Non se l’aspettavano, fanno tutti sempre la stessa faccia quando scoprono la collezione che mi porto appresso. E io ancora mi emoziono e me la godo.
Ma che ci fai? Perché hai tutti questi palloni?
Diciamo che è una specie di mania, mi fa sentire protetto.
Eh?... Fanno tutti all’unisono.
Allora, ragazzi, poi vi spiego, intanto scegliete quello che vi piace di più.
Comincia una disputa sul pallone più bello, il più gonfio, quello più duro, il più nuovo, così li lascio fare perché so che da questo momento saranno tutti quanti nelle mie mani, ora sarà più facile gestire la negoziazione.
Possiamo giocare con questo?
Certo. Adesso basta decidere il campo, poi facciamo le squadre e ci divertiamo!
Hanno scelto il pallone dei mondiali del ‘26, beata ingenuità, penso. La mia ultima partecipazione nella nazionale, loro sono troppo giovani per riconoscermi.
Ma giochi anche tu? Mi fa uno dei più grandi.
Perché no? Chiedo un po’ stupito.
Tu sei un campione, non è giusto che giochi con noi. Così è troppo facile.
Ma che dici?
Non vale tu sei Gemello Bomber, tutti sanno che i tuoi tiri sono letali.
Davvero? Faccio io, fingendomi innocuo.
Guarda che l’abbiamo capito chi sei.
Sicuro?
Sì. Non ci freghi.
Non fare il finto tonto, io non ci gioco contro di te, posso stare nella tua squadra, forse, ma comunque mi sento più tranquillo se tu non sei in campo.
Non mi aspettavo di essere riconosciuto.
Giocavamo entrambi nella nazionale, ma mio fratello era quello più riflessivo, io invece ho sempre agito d’istinto, ero famoso per la mia indole aggressiva e risoluta, lui il gemello buono che si affidava alla tattica, io quello cattivo che calciava forte. Puntavo sempre sulla forza gettandomi nell’azione con violenza e di solito facevo male agli avversari con pallonate veloci come proiettili. Ma ora è tutto diverso, mio fratello non c’è più e il mondo è diventato un posto terribile; lui è stato uno dei primi a prendere il contagio ed è toccato a me il compito peggiore.
Ho dovuto liberarlo per sempre dall’infezione.
Con una pallonata.
Da allora ho capito che tra me e i non morti è sempre meglio mettere la giusta distanza: dai cinque agli undici metri, come da regolamento.
Intanto, dopo una lunga trattativa giungiamo alla conclusione che il mio intervento sarà richiesto solo se necessario. Magari nei rigori, vista la fama di tiratore che mi porto addosso da quando per colpa di un mio tiro troppo forte la nazionale dell’Italia assunse la fama di killer dei mondiali di calcio del 2026.
Va bene, non gioco, però prima di iniziare la partita dobbiamo seppellire quei due disgraziati che si sono impiccati. No?
Stanno lì da stamattina. Mi dice uno di loro.
E non pensi che sia il caso di toglierli dall’albero?
È vero, già cominciano a puzzare.
Allora, ecco quello che faremo: prima scaviamo le fosse e poi cominciamo la partita. Va bene?
Quindi ci mettiamo al lavoro e realizziamo le buche ai piedi dell’albero per sotterrare facilmente la coppia di suicidi.
Qualcuno di voi li conosceva? Chiedo io.
Sì. Abitavano vicino a casa mia. Fa uno dei ragazzini.
Si sono ammazzati perché non hanno retto.
A cosa?
Avevano un figlio di quindici anni, lui ha cercato di azzannarli e hanno dovuto sparargli, ma poi l’hanno presa malissimo. Per questo si sono impiccati.
Così, fatte le fosse proprio sotto quei corpi, mi arrampico sui rami e con un coltello libero quelle anime dal cappio.
La donna cade nella buca senza problemi, poi è la volta del marito. Taglio la cintura con cui si è impiccato, il corpo cade nella tomba, tutto sembra finito quando all’improvviso come un cane ammalato lui comincia a ringhiare. Non faccio in tempo a scendere dall’albero che quel non morto afferra uno dei ragazzini. Io mi lancio in direzione del bagagliaio della mia auto e recupero il primo pallone che mi capita. Per fortuna il mostro è lento e senza piedi si muove a fatica, cosi il giovane riesce a liberarsi facilmente dalla sua presa e si allontana a distanza di sicurezza. Prendo la mira e tiro un calcio di rigore. La testa dell’uomo ritornato dalla morte s’incastra tra le scapole e in un istante il silenzio domina su di noi.
La creatura, però, si rialza. L’impatto con il pallone non è stato sufficiente, allora mi munisco di un altro proiettile di cuoio lo metto in terra e carico la gamba. Pochi secondi, l’uomo privo di piedi e con i polpacci completamente divorati gattona come un bimbo.
Questo mi dà il tempo di prendere la mira e di tirare un altro calcio ben assestato.
Bravo Gemello Bomber! Gridano i ragazzi, quando la testa dello zombie vola via appresso al pallone.
Ci affrettiamo a buttare il corpo decapitato dell’uomo dentro la fossa vicino a quella di sua moglie.
Ma non è ancora finita. Ora è la volta della donna che in piedi cerca di uscire dal buco in cui l’abbiamo ficcata.
Tieni, Bomber! Mi fa uno dei più piccoli ripassandomi la mia arma segreta.
Io non perdo tempo, intercetto il missile di cuoio al volo e con un tiro degno del mio nome decapito sul posto quella ritornante affamata.
Il suo corpo senza più testa ricade floscio sul fondo della fossa.
Poi, finalmente la pace.
Mi asciugo il sudore, mentre qualcuno recupera le munizioni sporche del sangue della coppia di poveri zombi.
Abbiamo capito a cosa ti servono i palloni da calcio che ti porti appresso. Mi fa uno dei ragazzini.
È così che li uccidi, vero?
Lancio un mezzo sorriso ai miei giovani amici e dopo, senza perdermi d’animo, esulto:
Che la partita abbia inizio!
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Raffaella (venerdì, 03 giugno 2016 23:35)
Vogliamo il seguito e l'approfondimento! lettura appassionante e divertente!
Riccardo (lunedì, 06 giugno 2016 10:53)
Ciao Raffaella, grazie!
Noi fucinarranti ci stiamo scambiando idee per una possibile seconda stagione. Nel frattempo, se ti è piaciuto il nostro lavoro, parla di noi e condividi!